domenica 1 maggio 2016

San Gavino Monreale, 01-05-16. 33a Edizione Corsa di Primavera. Scritto da Davide Mallus.

Davide Mallus.
Sole, nubi, vento e pioggia. Missione compiuta!
Questo primo maggio cade di domenica: la giornata doppiamente festiva è l’occasione giusta per affrontare una nuova sfida, stavolta a San Gavino Monreale.
I compagni di viaggio odierni sono Elisabetta e Angelo: divertimento garantito. Dopo aver prelevato Elisabetta, all’uscita di Quartu affianco una ‘tracca’ enorme diretta in via Roma a Cagliari, per la festa in onore di Sant’ Efisio. Per un attimo temo che non sia l’unica e che il traffico possa subire rallentamenti. Abbiamo un’ora di tempo per raggiungere San Gavino e ritirare i pettorali, previo pagamento della quota di 10 euro. Per fortuna sorpassiamo agevolmente e ci dirigiamo verso l’ex 131 dove carichiamo Angelo e completiamo la formazione odierna.
Il viaggio procede con le solite battute sulle squadre di atletica, con le foto e gli obbiettivi sportivi della giornata.
Arriviamo a San Gavino intorno alle 8.15 e ci dirigiamo al quartier generale per le formalità di rito. C’è freddo, sarà necessario vestirsi con un minimo di protezione. La piazza della resistenza si popola rapidamente. Intravedo gli attori classici delle gare fidal che sistemano microfoni, megafoni, pistole ecc.. Al ritiro del pettorali attendiamo un po’ l’arrivo di tutti, paghiamo, ritiriamo il numero e prendiamo il pacco gara consistente in prodotti a base di riso. Sono le 9, stavolta siamo tutti un po’ in ritardo ma, dopo aver sistemato il pettorale con le spilline sulla canotta, l’atmosfera della gara comincia a farsi viva e così pure l’adrenalina. Sotto la canotta metto la maglietta bianca della ‘Corri Molentargius’, mi darà la giusta protezione dal vento. Qualcuno ha solo la canotta, ma io non voglio rischiare. Le prime fasi del riscaldamento sono indirizzate alla ricerca di un ‘bagno pubblico’. Comincio a fare corsetta ed esercizi per sciogliere i muscoli. Non vedo molte facce conosciute. La squadra è in crescita e ad ogni gara si fanno sempre nuove conoscenze. In prossimità della partenza faccio una serie di allunghi per ricordare al cuore che dovrà viaggiare a ritmi sostenuti. Manca poco. Siamo tutti abbastanza prossimi alla linea di partenza, stavolta ‘nudi’ senza il chip, quindi per i nostri primati personali farà sempre fede l’orologio. Bang si parte! Cerco di scattare immediatamente ad un passo sostenuto per farmi strada. Non è facile trovare il varco. Siamo tutti molto veloci, caspita! Riesco ad avere un po’ di aria davanti a me dopo circa trecento metri e subito cerco i miei riferimenti, o meglio, gli atleti che ‘mi guideranno’, che mi daranno gli stimoli giusti. Atleti sconosciuti che studierò con attenzione per elaborare le mie strategie personali. Angelo è troppo veloce, riesco a vederlo per un po’, poi sparisce. Il mio passo oscilla tra i 4.10 e i 4.25. Sento affaticamento nel respiro ma, come per la recente gara di Chia, ho le gambe che vanno da sole e questo mi aiuta a star bene. Non sento alcun dolore ai fianchi e tra me penso ‘ottimo, ottimo!’ Man mano che il gruppo si dirada ho un po’ di tempo per concentrarmi sul percorso e sulla strada. In alcuni tratti il bitume è rovinato e per un attimo mi vengono dei flash nei quali rivedo quelle pavimentazioni stradali che studiavo all’università! In effetti la strada avrebbe bisogno di manutenzione. Le buche non vanno bene né alle auto né a noi runner che procediamo con un pizzico di energia in più dispersa per evitare di metter male i piedi. Il percorso è strano, non capisco bene come si stia sviluppando. Mi accorgo che stiamo ritornando in zona arrivi, quindi faremo più giri. Al passaggio in piazza la gente e lo speaker, come al solito, danno una forte carica. La gara è ancora lunga. Per fortuna il secondo giro si sviluppa in una zona differente anche se la sostanza non cambia … anzi … si aggiunge una nuova componente insidiosa: strada sterrata con qualche pozzanghera. L’affanno cresce, cerco di tenere il passo di 4.15 – 4.25. In alcuni tratti il vento contro non mi aiuta. Spero che all’improvviso compaia una bella discesa in modo tale da ‘riposare’ per qualche secondo. Niente. Faccio slalom per cercare i tratti più asciutti nella stradina rurale che in alcuni tratti emana tipico aroma di letame, tutto sommato non fastidioso (meglio dello smog delle auto). Un cane solitario procede verso di me, immagino che possa inseguirmi per mordermi, ma è troppo buono ed evita di farmi aumentare il passo. Qualche atleta si ferma sofferente. Vedo un atleta di San Sperate dolorante. Poco dopo, per fortuna, mi sorpassa con un passo frizzante al ché immagino abbia risolto un fastidio solo temporaneo. Le orecchie fungono da specchi retrovisori. Mi accorgo del fiato degli atleti che stanno dietro di me e cerco di evitare cedimenti per evitare di esser superato. Faccio a mia volta dei sorpassi a passo costante, senza accelerare. Alla fine della strada bianca immagino di scaricare sull’asfalto il fango delle scarpe e di essere più leggero. Manca ancora qualche chilometro. Non sono mai stato a San Gavino ma sembra di rivedere luoghi percorsi in altre gare. Come al solito penso a piccoli obbiettivi da raggiungere e punto alcuni gruppetti che potrei sorpassare. Mi sento molto stanco. Penso anche che sarebbe bene andare a passo costante fregandomene delle mini competizioni. Però così la corsa è noiosa. Devo avere motivazioni. Vedo una coppia di atleti davanti a me che procedono bene, affiancati e in sincronia. All’improvviso comincia a piovere. L’acqua si mischia col sudore. Penso che sarebbe difficile percorrere tanti chilometri in quelle condizioni, ma per me è quasi finita perché intravedo, in lontananza, la zona arrivi. L’effetto è simile alla visione del traguardo, lontanissimo, della gara di Villacidro. Il lungo rettilineo consente di avere una completa visione della gara e di chi sta davanti. Lo speaker parla in continuazione annunciando gli atleti in arrivo. Accelero e, se proprio devo morire, lo farò dopo aver esser passato sotto il gonfiabile. Supero l’atleta che stava in coppia. Procedo affiancato all’atleta che le faceva compagnia. Tra me penso di tenerlo al fianco per fare uno scatto finale al traguardo, in un’ipotetica sfida per il primo posto. A circa 100 metri dall’arrivo il tipo rallenta e percepisco un ‘toh.. vai’. Mi ritrovo solo, alzo le braccia completamente bagnato. Aspetto mezzo minuto per cercare Angelo, non lo trovo e corro, nel vero senso della parola, a cambiarmi. Anche le mutande sono bagnate. Durante il tragitto verso la macchina leggo il mio tempo: 42 minuti, 50 secondi ad un passo di 4:18 minuti al km. Non male! Anche meglio di Chia! Va bene!
Mi cambio e metto pure un giubbotto. Arriva Angelo che ha fatto un ottimo tempo e poco dopo Elisabetta che sicuramente ha corso in meno di un’ora, bravissima!
Ci dirigiamo assieme al ristoro dove troviamo piattini di salame, formaggio e pane. La cosa non ci stuzzica perché siamo attratti dai panini alla nutella che vengono preparati al momento. Sono destinati ai bambini, ma in quel momento siamo tutti bambini e vogliamo recuperare energie nel modo più gradevole e infantile. Dopo le premiazione e i saluti con amici e compagni di squadra facciamo rientro a casa. Il viaggio di rientro è molto rilassante grazie ad un bel sole che asciuga ciò che era rimasto bagnato. Il paesaggio è molto particolare, in alcuni tratti della 131 Elisabetta nota il particolare effetto del vento sui campi coltivati. Sembra di vedere onde del mare colorate di verde. Gli occhiali che indossiamo (quelli di Chia) contribuiscono a creare un paesaggio insolito, una specie di ambiente surreale che potrebbe essere immaginato come il mese di agosto su Marte! Il tutto con la musica dei Dire Straits tra chiacchiere varie.
Penso che per un runner la garetta della domenica sia quanto di meglio si possa fare nel weekend. Ti regala adrenalina, emozioni, amicizia e divertimento. Alla prossima!

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