Nei con­fronti degli inte­gra­tori ali­men­tari (più pre­ci­sa­mente detti nutra­ceu­tici) esi­ste molto scet­ti­ci­smo e parec­chia disin­for­ma­zione. La classe medica cer­ta­mente non ha con­tri­buito a dif­fon­dere infor­ma­zioni scien­ti­fi­ca­mente valide sul tema a causa di un misto di incom­pe­tenza, disin­te­resse e mala­fede. Per que­sto ancora oggi si sen­tono spesso opi­nioni di esperti o pseu­do­tali che sosten­gono che non ser­vono a nulla, che sono soldi but­tati via o addi­rit­tura che  sono dannosi.
La verità però è molto diversa. Intanto un numero immenso di studi dimo­stra l’uti­lità pre­ven­tiva e tera­peu­tica di sostanze nutri­zio­nali e fito­te­ra­pici.  Inol­tre viene sti­mato che oltre il 90% delle per­sone pre­senti una o più defi­cienze nutri­zio­nali, non cosi gravi da far insor­gere un’avitaminosi acuta, ma suf­fi­cienti ad alte­rare nel tempo il meta­bo­li­smo e ad aumen­tare il rischio di malat­tie croniche.
Spesso man­cano, è vero, grandi studi ran­do­miz­zati, simili a quelli usati per valu­tare i far­maci. Ma que­sto tipo di stu­dio è dise­gnato per valu­tare l’effetto di un far­maco su una sin­gola pato­lo­gia e si adatta male a com­pren­dere i mol­te­plici effetti dei nutrienti sulla salute. Inol­tre gli studi ran­do­miz­zati non hanno in genere durata suf­fi­ciente a valu­tare gli effetti di sostanze natu­rali che agi­scono con tem­pi­sti­che molto più lun­ghe rispetto ai farmaci.

GLI INTEGRATORI CHIAVE

Un’analisi della let­te­ra­tura di qual­che anno fa (The Lewin Group.2006. An evidence-based study of the role of die­tary sup­ple­ments in hel­ping seniors main­tain their inde­pen­dence. Pre­pa­red for: The Die­tary Sup­ple­ment Edu­ca­tion Alliance), ha messo in evi­denza come pochi inte­gra­tori chiave potreb­bero pre­ve­nire molte malat­tie cro­ni­che e far rispar­miare miliardi di dol­lari in pochi anni. Lo stu­dio ha preso in con­si­de­ra­zione solo inte­gra­tori basi­lari usati per scopi tradizionali:
  1. Cal­cio e vita­mina D per con­tra­stare l’osteoporosi
  2. Acido folico per pre­ve­nire difetti del tubo neurale
  3. Omega-3 per ridurre il rischio cardiovascolare
  4. Luteina e zea­xan­tina per pre­ve­nire la dege­ne­ra­zione maculare
I ricer­ca­tori sono stati molto selet­tivi e hanno preso in con­si­de­ra­zione solo gli studi che rispet­ta­vano i seguenti criteri:
  1. L’integratore deve pro­durre un effetto fisio­lo­gico misurabile
  2. L’effetto fisio­lo­gico deve cor­ri­spon­dere ad un cam­bia­mento della con­di­zione di salute
  3. Il cam­bia­mento dello stato di salute deve cor­ri­spon­dere ad una dimi­nuita spesa sanitaria

RISULTATI DELLA RICERCA

I dati sono dav­vero inte­res­santi. Par­tiamo da cal­cio e vita­mina D in cui lo stu­dio del Lewin Group stima che l’uso di que­sti 2 inte­gra­tori potrebbe pre­ve­nire oltre 776.000 ospe­da­liz­za­zioni per frat­tura dell’anca in 5 anni con un rispar­mio di 16.1 miliardi di dollari.
Invece l’uso di omega-3 per pre­ve­nire arit­mie car­dia­che, ridurre l’ infiam­ma­zione, abbas­sare il cole­ste­rolo e la pres­sione potrebbe pre­ve­nire 374.000 ospe­da­liz­za­zioni ridu­cendo i costi di 3.2 miliardi di dol­lari in 5 anni. L’uso di luteina e zea­xan­tina potrebbe invece aiu­tare 190.000 per­sone ad evi­tare l’assistenza per cecità com­por­tando costi ridotti per 3.6 miliardi di dol­lari. Infine 44 milioni di donne negli USA non assu­mono acido folico durante la gra­vi­danza. Se solo 11.3 milioni di esse assu­mes­sero acido folico ci sareb­bero 600 neo­nati in meno con dif­fetti del tubo neu­rale con un rispar­mio di 1.4 miliardi di dol­lari. Se si som­mano que­sti dati si arriva alla con­clu­sione che spen­dendo qual­che soldo in più al giorno, in 5 anni si otter­reb­bero 24 miliardi di costi sani­tari in meno. Certo sono dati ame­ri­cani ma quelli per l’Europa e l’Italia non si disco­ste­reb­bero di molto. E que­sti dati non pren­dono in con­si­de­ra­zione né le per­sone con meno di 65 anni né i mol­te­plici bene­fici che sin­goli inte­gra­tori pro­du­cono. Basti pen­sare all’azione pre­ven­tiva sui tumori della vita­mina D che in que­sta ana­lisi non è stata presa in considerazione.
Dun­que chi si ostina a soste­nere che gli inte­gra­tori non ser­vono forse dovrebbe stu­diare più a fondo la let­te­ra­tura scien­ti­fica. Come con­clu­deva uno stu­dio di qual­che anno fa sul Jour­nal of the Ame­ri­can Medi­cal Asso­cia­tion (JAMA), i medici dovreb­bero invece fare mag­giori sforzi per com­pren­dere se i pazienti assu­mono le vita­mine necessarie.

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