martedì 23 febbraio 2016

Oristano, 14-02-2016. La mezza maratona del Giudicato di Oristano. Scritto da Maurizio Lepori.

Con il n° 1394 Maurizio Lepori.
“Genti macca in logu strintu”… a pronunciare questa frase, con un marcato accento casteddaio, è un tizio posizionato a pochi passi da me… e appena la sento mi vien da sorridere, perché trovo che fotografi alla perfezione la situazione nella quale mi son cacciato.
Mi trovo a Oristano, in via Duomo, proprio nei pressi del punto nel quale viene posizionata la stella per la Sartiglia, circondato da una torma di figli di ASICS, in attesa dello start della terza edizione della “Mezza maratona del giudicato”.
Mancano pochi istanti alla partenza, gli spazi son ristretti, la gente è tanta e io interrogo me stesso sul motivo della mia presenza in quel luogo. Io li odio i posti affollati….e poi non mi aspettavo un afflusso del genere, perché le previsioni metereologiche avevano messo piogge forti e credevo che i runners fossero dei rammolliti che si sarebbero fatti scoraggiare.
Invece no, in barba alle previsioni sfavorevoli, fin dalle prime ore di quella domenica mattina, Oristano è invasa da una marea di magliette colorate provenienti da tutta la Sardegna. Ho parcheggiato in via Cagliari, poco distante dal punto di partenza e in giro è tutto un brulicare di queste magliette che corricchiano per riscaldarsi, fanno stretching e vagano alla ricerca di un bagno. I runners bevono parecchio, soprattutto in prossimità della gara, perciò capita spesso di fare lunghissime file prima di poter riuscire a svuotare la vescica. Io però la so lunga, perciò mi allontano dal centro e cerco un baretto un po’ fuori mano, dove bevo un caffè e… prendo posto nella fila, che conta almeno 15 maschietti e altrettante femminucce.
Non ho tempo per cercare un altro bar, manca poco più di un quarto d’ora alla partenza e nessuno dei presenti abbandona la propria posizione. Sono in ritardo sulla mia tabella di marcia, ma nell’attesa ho il tempo di riflettere e ricordare a me stesso che mi trovo a Oristano per un semplice allenamento. Non sono pronto per affrontare una gara ad alto ritmo, perché son stato fermo un mese per via del solito ginocchio “ballerino” e ho ripreso ad allenarmi solo da venti giorni.
La corsa è uno sport bellissimo ma anche crudele, perché ogni volta che interrompi per un certo lasso di tempo gli allenamenti, azzera tutto ciò che avevi fatto nei mesi passati… ti costringe a ricominciare da zero.
Quando a dicembre ho portato a termine la Karalisrun di 10 km avevo un passo gara di 3.52 minuti a km, mentre ora mi andrebbe di lusso sostenere un passo da 4.20 a km.
La corsa è uno sport crudele perché quando sei fermo non fai altro che pensare di andare a correre, e per questo soffri. Io personalmente, nel mio mese di “fermo biologico”, mi son ritrovato a osservare con sguardo languido quelle persone che vedi correre la domenica mattina dei giorni di festa, quando magari il cielo è scuro e minaccia pioggia… mi son ritrovato a provare una profonda invidia per questi soggetti, che la più parte della gente che li vede passare non esita a definire coglioni.
Lo confesso, anche io sono un coglione.
La corsa è uno sport crudele perché quando finalmente ti riprendi dall’infortunio e ricominci a correre ti senti pesante come un bue muschiato, trascini i piedi con una fatica immane, senti dolori in certi muscoli che prima neppure sospettavi di avere e mentre corri pensi “chiccazzomelhafattofareforseramegliodrogarmicometuttiglialtri”… e per questo soffri.
Nelle ultime settimane ho stretto i denti, ho sofferto per cercare di recuperare una forma accettabile, ma non ce l’ho fatta, il tempo non è bastato. Però Betti mi ha detto che dovevo andarci lo stesso a Oristano, prendere la gara come un allenamento, “Che tanto anche al massimo della tua forma medaglie a casa non ne porti comunque”. Che carina! Riesce sempre a trovare le parole giuste per motivarmi… quella donna.
Comunque sia, mentre attendo il mio momento per usufruire del servizio igienico, non ho buone sensazioni, mi sento come lo studente che arriva impreparato all’interrogazione, mi sento di non aver fatto il mio dovere, sento l’agitazione che sale mano a mano che il momento decisivo si avvicina… e come spesso mi accadeva a scuola nei giorni d’interrogazioni, appena arriva il mio turno entro nella toilette e mi sciolgo letteralmente in merda.
Arrivo al punto di partenza svuotato di ogni “tensione”, correndo piano, salto tutta la fase del riscaldamento e mi infilo nella muraglia umana che si è ormai assiepata sotto l’arco gonfiabile. Anche questa volta devo rinunciare alla possibilità di partire tra i più forti e vederli in azione da vicino, ma forse è meglio così.
Davanti a me ci stanno almeno 200 corridori, ma dietro di em la muraglia umana è ancor più lunga, anche se meno compatto, la calca è meno opprimente della corsa di Cagliari, questa volta non sento salire l’adrenalina, sono abbastanza freddo, forse perché so che non sono lì per competere con nessuno, nemmeno con me stesso…. Devo solo andare con un passo tranquillo e “fare la gamba” per le prossime gare, punto.
Ma poco prima dello start parte You Shook Me All Night Long degli AC/DC e io vengo scosso da un fremito che percorre la mia colonna vertebrale facendo la ola… Io comincio già a fantasticare di una gara da protagonista ma una voce dietro di me provvede a smontarmi - “Minca oh, non sanno neppure scegliere la musica per caricarti!”-... E’ sempre lo stesso tipo di “genti macca in logu strintu”, e se prima mi era risultato vagamente simpatico, ora lo trovo noioso e detestabile, come tutte le persone che non manifestano entusiasmo per le mie preferenze musicali.
Comunque parte il conto alla rovescia, parte la gara, e nei 15 secondi che impiego a raggiungere l’arco gonfiabile della partenza dimentico tutti i miei buoni propositi di fare una corsa tranquilla e regolare, e parto con un ritmo superiore a quello che il mio fisico può reggere, condannandomi a 12,5 km di pura agonia.
Lo scrittore maratoneta Murakami Haruki (quello di “Kafka sulla spiaggia”, per intenderci) dice che il dolore non si può evitare ma la sofferenza è opzionale, e io a Oristano ho scelto consapevolmente la sofferenza.
Concludo il primo km in 4 minuti e 5 secondi, lo sento dal commento di un figlio di ASICS che consulta il suo cronometro… mi accorgo di aver esagerato e cerco di rallentare, ma non son certo di esserci riuscito, perché la mia testa dice di andare a manetta e recuperare terreno dai primi. Per i primi km la cosa va bene: quando usciamo dal centro abitato sorpasso un sacco di magliette, ma lo faccio con estrema fatica. Dopo il 5 km il gruppone che ho davanti si divide: quelli che fanno la mezza maratona si dirigono verso Torre Grande, mentre noi della 12,5 KM imbocchiamo una rotonda che ci riporta in città, dopo aver passato il Tirso. Faccio un po’ di strada con un ragazzo della società Sarrabus Runners ma lo perdo al rifornimento… non ho ancora imparato a bere in corsa senza compromettere la respirazione… sono ancora un novellino, oltre che coglione.
Sul ponte il ragazzo del Sarrabus aumenta il ritmo e va via definitivamente, successivamente sento dei passi che arrivano da dietro. Il mio ritmo si è abbassato notevolmente perché comincio a subire una serie di cocenti sorpassi ai quali non riesco proprio a reagire: ne conto almeno sei.
Il fiato diventa sempre più corto e comincio a sbuffare come una locomotiva, proprio come faceva Emil ZatopeK, il portentoso atleta ungherese detto appunto “la locomotiva umana” per il suo modo rumoroso di ansimare. In lui mi ci rivedo molto… perché anche io, proprio come lui, non brillo per l’eleganza della corsa (“Correrò con più grazia quando a vincere saranno i corridori con lo stile migliore” disse un giorno a chi lo criticava per questa sua caratteristica)… e anche io, come lui, ho una attaccatura dei capelli alta… molto alta. È un vero peccato che le cose che abbiamo in comune si limitino a quelle sopraelencate; sì, perché il buon Emil, oltre che a sbuffare come una locomotiva, andava anche forte come una locomotiva, mentre io in rapporto vado come un carro trainato da buoi stanchi e sbuffo semplicemente per restare vivo.
Al km 7 trovo finalmente un obiettivo stimolante … in lontananza vedo delle gambe di donna… delle belle gambe che girano fluide e leggere, sotto una chioma bionda raccolta in una coda. Decido di raggiungere quelle gambe, anche se so che non è affatto facile…. Sogno di raggiungerle e superarle nello scatto finale.
Sogno sì, o forse sto solo delirando, perché è chiaro che sto finendo la benzina, è chiaro che il mio organismo si rifiuta di far girare le gambe come vuole la mia testa. L’atleta bionda tiene un ritmo regolare perché è la prima delle donne, quindi non deve dannarsi più di tanto perché le sue avversarie son lontane. Lei si chiama Van Eijk Judith, arriva dal nord Europa, vive in Sardegna da un po’ di anni e si è affacciata al mondo dell’atletica un po’ tardi, senza aver avuto preceenti esperienze in altri sport (ho trovato sul web un bell’articolo che parla di lei)… ma è “tostissima” e va come un treno.
Il sogno di una volata finale svanisce definitivamente quando sento alle mie spalle in sopraggiungere di tre cagnacci che hanno fiutato la preda… si sono accorti che sto perdendo colpi e piano piano, inesorabilmente, si avvicinano sempre più. Quando mi accorgo del loro sopraggiungere faccio la cosa più stupida che si possa fare in questi casi: faccio uno scatto, uno scatto di venti metri circa che mi consente di distanziarli un pochino ma che mi fa andare completamente fuori giri. Ero ancora troppo lontano dal traguardo, perciò faccio l’ultimo tratto per le vie del centro trascinando le gambe, rimpiangendo di non aver fatto abbastanza allenamenti sulla distanza dei 12 km, rimpiangendo di non essere rimasto a casa, rimpiangendo di esser nato… ma non mollo.
Quando vedo il traguardo non ne ho più, quando metto piede nel tappeto che sta sotto l’arco mi fermo completamente…sì, a un passo dal traguardo mi fermo completamente e penso di mollare tutto e tornare a casa… uno dei cagnacci di dietro mi ruba una posizione (arrivo così 25° su 230 partecipanti) ma penso che è giusto così, se lo è meritato. Penso che io ho dato tutto quello che avevo a disposizione in quel momento… e forse, in fondo, è proprio questo quello che conta davvero.
Il riepilogo della gara di Maurizio Lepori è stato pubblicato nel profilo fb di Maurizio in data 23-02-2016. La gara che ha descritto Maurizio è stata quella di 12,5 km svoltasi a Oristano il 14-02-2016 in concomitanza della Maratonina di Oristano.


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