lunedì 7 dicembre 2015

Cagliari, 06-12-2015. KaralisRun 2015. Scritto da Maurizio Lepori.

È una mattina tranquilla oggi a Cagliari, la temperatura è gradevole, anche se numerose nuvole sparse per il cielo cercano di ostacolare con ostinazione il passaggio dei raggi solari. Quando non si sa cosa scrivere per cominciare il racconto di una competizione sportiva, è sempre buona norma attaccare con qualche annotazione metereologica. Comunque è proprio così, bisogna dire che quella di oggi è stata una giornata perfetta per fare una gara di atletica.

Sì, ci sono ricascato. Ho provato a riprendere col calcio ancora una volta, ma ho dovuto arrendermi al fatto che l’elasticità dei legamenti del mio ginocchio non si “ripristina” più come quando di anni ne avevo venti, perciò, nell’attesa che il ginocchio si rimetta in asse, mi sono iscritto a una gara di atletica: la KaralisRun. Una gara di 10 km inserita all’interno della manifestazione “Cagliarirespira”, una competizione che prevede prove dalle distanze variabili, tra le quali spicca la mezza maratona di 21 km.
 È tutto diverso dalla mezza maratona d’Ogliastra, la mia “prima” gara ufficiale, che ho corso in estate. In Ogliastra alla partenza eravamo in 250 e partivamo da due postazioni differenti (10 km Barì..21 km Cardedu), qui invece partiamo tutti (6 km, 10 km, 21 km) da viale Diaz…. e siamo circa 3000…. Cazzo 3000… ho provato  a immaginare  tutti gli abitanti di Villagrande e Villanova in strada sfidarsi nella corsa.
La prima reazione che ho avuto quando ho saputo il numero dei partecipanti è stata quella di sprofondare nello sconforto… che tristezza… non avevo alcuna speranza di vincere una medaglia. Poi mi sono ricordato che io non corro per le medaglie… che io corro per fini più nobili, corro per mettermi alla prova, per superare i miei limiti, per stare in mezzo alla gente, per stare bene con il mio corpo… e per un sacco di altre bugie che quelli che non hanno speranza di vincere medaglie raccontano a se stessi.
 Comunque sia, per dare un senso alla mia gara mi pongo degli obiettivi da raggiungere. Il primo è quello di migliorare il mio record personale sui 10 km in gara ufficiale, ma so già che è troppo semplice. In Ogliastra, questa estate, ho fatto 47. 51, ma quel girono a Barì si superavano i 30° e il percorso era estremamente duro (vedi salitone Cea… e ascesa verso Teccu), mentre qui il tracciato è per lo più pianeggiante, se si esclude il leggero tratto da via Roma alla statua di Carlo felice, in piazza Yenne.
 Il secondo obiettivo è quello di scendere sotto i 42 minuti, che sarebbe il mio record in allenamento, ma lì non c’è nessun testimone a prendere il tempo, quindi potrei aver barato e gonfiato le cifre.
Il sogno sarebbe scendere sotto il muro dei 40, ma non mi di azzardo a  puntare tanto in alto…. E poi non son neppure certo che sia sufficiente porsi degli obiettivi per trovare stimoli per dare il meglio. Ho bisogno di qualcuno con il quale confrontarmi… ho bisogno di un punto di riferimento per capire se dall’ultima gara son migliorato… ho bisogno di un avversario… e a un certo punto mi vengono in mente un nome e un cognome: Gianpietro Dessì.
Giampietro Dessì è il vincitore della 10 km in Ogliastra, è di Esterzili e in una vita precedente deve essere nato sicuramente in forma di qualche cavolo di gazzella… in Ogliastra mi ha dato 8 minuti di distacco (lui il salitone di Cea se l’è fatto a “pincareddu”, con una gamba sola) … se riesco ad arrivare con un distacco inferiore agli 8 minuti, posso dirmi veramente soddisfatto della mia corsa.
Per un momento immagino di essere al Tour de France, mancano due tappe alla fine, io sono in testa e ho 8 minuti di distacco sul secondo…un tipo di Esterzili di cognome Dessì. Ho questi minuti di vantaggio e li devo amministrare, basta che mi metto alla sua “ruota” e cerco di marcarlo stretto.
Facile a dirsi. Quella volpe di Gianpietro, non so come, trova un posto in prima fila, io invece mi trovo alla partenza intruppato nella folla di partenti che scalpitano per darsi battaglia. Sembriamo una mandria di vacche texane radunate per la transumanza… davanti a me il “Mucchio selvaggio”… un muro umano che attende lo sparo per la partenza.
 In una gara dalla lunga distanza il pericolo di una crisi di stanchezza è sempre dietro l’angolo, può colpirti in qualsiasi momento, quando meno te lo aspetti…  a me ha colpito alla partenza, appena è partito l’inno di Mameli. In quel momento devo aver avuto un immediato calo di zuccheri e la voglia di mollar tutto e abbandonare la gara mi ha assalito con prepotenza.
Era già abbastanza dura stare in mezzo a quella folla di sconosciuti, senza un amico con cui parlare, sapendo per giunta che il mio rivale stava in prima linea e aveva strada libera per correre indisturbato…  ci mancava solo l’inno della Patria a farmi girare storta la giornata.
Mi scopro cinico, un cuore di pietra che non avverte emozioni, un animo amaro, con tendenze nichiliste.
Poi, all’improvviso, partono le note di un pezzo rock veramente coinvolgente, lo ascolto incuriosito e riconosco in quelle note la canzone che i tifosi del Liverpool intonano all’Anfield, nella versione degli Adicts… e in quel momento mi si bagnano gli occhi, senza volerlo… mentre le note scorrono ripenso a un prato verde, con delle porte bianche… ripenso al ragazzo con la palla al piede raffigurato nella mia maglietta… e quando la canzone intona il verso “Anche se i tuoi sogni saranno sconvolti e scrollati/Va avanti, va avanti con la speranza nel tuo cuore/e non camminerai mai da sola”… beh, lo so che quelle parole son rivolte a una squadra di calcio, ma in fondo queste canzoni parlano di noi… e hanno fatto scatenare le mie lacrime sommesse, nel bel mezzo della mandria.
Ma nessuno ha notato niente… e poi la musica è cessata ed è arrivato lo sparo… e uno si aspetta che i muscoli si contraggano, che i polmoni inizino a pompare aria a pieno regime, che le scarpe comincino a mangiare l’asfalto… be’, niente di tutto questo.
Abbiamo fatto due passi e poi siamo stati fermi per non so quanto… e poi abbiamo ripreso a “camminare” (cavolo, ma io ero venuto per correre!!!!)…e poi a camminare sempre più svelti, e poi fermarci di nuovo… era un po’ come quando vedi il semaforo verde in lontananza e sai che è perfettamente inutile suonare il clacson (eppure lo suoni), che tanto la tua “onda” arriva tardi, e quando stai ripartendo, in lontananza, scatta di nuovo il rosso. Facevamo piccoli passi lenti, per arrivare alla “partenza”… sì, vedevamo l’arco di partenza, ma ci abbiamo messo parecchio tempo a raggiungerlo.
Quando finalmente siamo usciti dall’imbuto della partenza, la strada si è fatta più larga, ma i migliori avevano ormai preso il largo. In quel momento ho capito il giramento di coglioni che deve aver provato Valentino Rossi a Valencia, quando è partito in ultima fila.
Una volta partito il muro di gente è apparso ancora più spaventoso di prima, perché almeno quando eravamo intruppati eravamo vicini, potevi scorgere le teste dei primi in lontananza, mentre ora la mandria si distende, si allunga, e sembra ancora più dura… e io avevo voglia di urlare ”Fermigioco, non ero pronto!”, come quando da piccolo mi facevano gol appena iniziata la partita.
Ma poi ho tirato fuori l’orgoglio ogliastrino... e ho ripensato alle parole della mia atleta preferita.
La mia atleta preferita si chiama Sonia, è di Ovodda ma vive e macina km nel nebbioso nord Italia, e anche lei il risultato della reincarnazione di una gazzella. Sonia è una mia amica “immaginaria”, una di quelle amicizie frutto di quella diavoleria di Fb… seguo a distanza la sua incetta di medaglie podistiche in val padana. Sonia ha preparato con cura questa gara, ma negli ultimi tempi ha avuto degli acciacchi muscolari e la sua preparazione è saltata, anzi, è proprio impossibilitata a partecipare. Però è scesa ugualmente in Sardegna, ha voluto presenziare comunque. Quando la vedo per la prima volta dal vivo la saluto in tutta fretta, e scopro con piacere che è una persona solare così come appare nel mondo telematico… e le chiedo un consiglio al volo.
“Parti forte e arriva forte, questo è il segreto!”
Sembra una cosa scontata, ma è proprio quello che faccio. Una volta superati gli stabili della Fiera la strada si allarga ulteriormente, quindi posso scendere dal marciapiede e prendere un passo più regolare.
La cosa bella di quando parti da dietro è che davanti a te ci sta un sacco di gente più lenta di te che puoi sorpassare con relativa facilità… e quindi ti gasi, e prendi fiducia… e gonfi il petto quando superi una ragazza, e alla fine i km scorrono con più facilità. Per tutta la prima parte non faccio che sorpassare magliette colorate, ogni volta ne punto una e mi prefiggo di raggiungerla… la vedo, gli do un nome di fantasia e mi do da fare per raggiungerla... tutto qui.
La cosa non è affatto malvagia… alla fine, penso che in fondo Valentino, nonostante il giramento di coglioni, deve essersi divertito a Valencia… ha sorpassato tutte quelle moto, facendo la cosa che più gli piace al mondo. E anche io mi sento così… supero maglie colorate… fino a viale Trieste.
In viale Trieste siamo a metà gara, giriamo per tornare verso la Fiera, mi ritrovo in testa a un gruppone gigantesco… in lontananza, circa 50 metri, s’intravede un altro gruppone. Come un salmone, ho risalito la corrente, sono nella testa del gruppone dei più veloci tra i lenti…. Davanti a me il gruppone dei più veloci…. Sono tanti, ma se riesco a raggiungere quel gruppo e tenere il passo, posso dire di essere uno dei più lenti tra i veloci… mi basterebbe, come prima volta.
Aumento la frequenza dei passi, e piano piano, passo dopo passo, riesco a ricucire lo strappo, mi unisco al gruppo dei migliori… e scopro di non essere il più lento dei veloci. Continuo a superare magliette fino al traguardo.
Quando arrivo al traguardo ho una bella sorpresa. Al mio passaggio il tabellone del tempo dice 39.9… ho abbattuto il muro dei 40 minuti…. Migliorato di 4 minuti il mio personale… Giampietro Dessì mi ha staccato di “soli” 4 minuti. Vittoria su tutti i fronti.
Non conosco la mia posizione, ma non m’interessa più di tanto (come dicono tutti quelli che non vincono medaglie…ih,ih).
 Questa “Cagliarirespira” mi è piaciuta tanto… trovo sia una gran bella iniziativa, che promuove valori importanti.
 Per chiudere questa bella manifestazione con sfondo ambientalista, fumo una sigaretta con un amica che ha smesso di fumare anche lei, come me.
Perché come dice Tom Waits a Iggy Pop in “Coffee and cigarettes”, “Il bello di quando smetti di fumare è che, visto che oramai hai smesso, una te la puoi anche fumare.”

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