lunedì 9 luglio 2018

L’irisina, l’ormone che rafforza la memoria e il ragionamento. Tratto da "La Pagina".

La scoperta è dovuta al dottor Bruce Spiegelman, capo ricercatore presso il Dipartimento di Biologia cellulare della Harvard Medical School che ha sede in Boston
Fare movimento, anche moderatamente, si sa, aiuta non solo a stare bene fisicamente, ma anche a potenziare la capacità di memoria e di ragionamento. Lo si è sempre saputo, fin dall’antichità. Ora però c’è anche la spiegazione scientifica e la scoperta è dovuta al dottor Bruce Spiegelman, capo ricercatore presso il Dipartimento di Biologia cellulare della Harvard Medical School che ha sede in Boston, Usa. La scoperta non è solo valida in sé, ma potrà avere ulteriori, interessanti sviluppi per quanto riguarda, ad esempio, la cura di malattie come l’Alzheimer.
Ecco la spiegazione del dottor Bruce Spiegelman: “Finora non era noto il meccanismo per cui fare sport migliora la prontezza mentale. Abbiamo quindi condotto alcuni esperimenti per verificare se l’attività sportiva aiutava a produrre sostanze che, agendo a livello cerebrale, potessero darci una spiegazione. Abbiamo così identificato un ormone, chiamato irisina, che si produce facendo attività sportiva. L’irisina serve a produrre un’altra sostanza, che si chiama BDNF e ha la funzione di fare crescere le cellule del cervello. Senza BDNF non avviene una crescita e un rinnovamento delle cellule cerebrali. Quindi le funzioni del cervello stesso sono destinate, con il tempo, a peggiorare. L’irisina, invece, agisce come se fosse un fertilizzante: più se ne mette nell’orto rappresentato dal nostro cervello e più cellule cerebrali germoglieranno, sostituendo quelle che sono giunte alla fine del loro ciclo vitale”.
Come si è giunti a stabilire l’utilità dell’irisina per le funzioni cerebrali è stata l’intuizione del dottor Bruce Spiegalman: “Abbiamo sottoposto topolini da laboratorio a veri e propri allenamenti, incrementando la quantità di movimento che svolgono nelle loro gabbiette. Poi abbiamo controllato la concentrazione di irisina nel sangue prima e dopo che essi avevano effettuato attività fisica. Dopo aver fatto movimento, la concentrazione di irisina nei topolini era aumentata ed essi hanno risposto meglio ai test sull’apprendimento. Abbiamo però anche messo a punto una verifica. Attraverso alcuni farmaci, abbiamo diminuito la concentrazione di irisina nel sangue di un altro gruppo di topolini. Abbiamo poi sottoposto anche questo secondo gruppo ai medesimi test e abbiamo verificato che i risultati, in termini di memoria e di apprendimento, erano notevolmente inferiori. Il legame, condotte queste verifiche, è chiaro: più irisina è prodotta e migliori sono i risultati del test”.
Chiarito questo procedimento, la conseguenza la si intuisce: anche l’uomo produce l’irisina. Gli esperimenti sui topolini da laboratorio si fanno proprio per verificare su di loro ciò che poi va confermato sull’uomo. Per molte cose non ci sono differenze particolari tra topolini ed esseri umani. Ciò che è valido per quegli animaletti è valido anche per l’uomo. Adesso è da capire quanta attività fisica è necessaria per innalzare i livelli di irisina nel sangue facendo attenzione a non eccedere, perché altrimenti si potrebbe creare la situazione contraria, cioè peggiorare le prestazioni mentali al posto di accrescerle. E’ come quando uno si allena per raggiungere un livello di capacità; se ci si allena troppo, si finisce per stancarsi e quindi per produrre danni al posto di vantaggi. Una volta capito qual è il limite, a quel punto si possono impostare programmi di allenamento in modo che, ad esempio, gli studenti sotto esame possano trarne beneficio per mantenere alta la loro capacità sia di ricordare sia di ragionare. Ma non basta.
Ecco cosa sta cercando di dimostrare il dottor Bruce Spiegelman: “Come detto, l’irisina aiuta a fare crescere nuove cellule cerebrali e a migliorare l’efficienza di quelle già nate, specialmente per quanto riguarda la capacità di memorizzare le informazioni ricevute. Stiamo verificando se la stessa irisina si potrà usare come farmaco contro le cosiddette malattie neurovegetative, cioè quelle che attaccano le cellule del cervello. Mi riferisco soprattutto al morbo di Alzheimer che ha come effetto quello di cancellare la memoria di chi ne soffre. L’avere trovato una sostanza in grado di rafforzare la memoria potrebbe essere utile anche in questo delicato settore di ricerca”.
Le conclusioni ci sembrano chiare: siccome è scientificamente provato che fare movimento aiuta, sarebbe sciocco non approfittarne non solo per stare bene fisicamente, ma anche e soprattutto per aumentare le nostre capacità intellettive.

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