domenica 10 giugno 2012

Milano, 9 e 10-06-12. Racconto di Alessandra Ardau sulla gara "24 ore di corsa".

Come ci si allena per una 24 ore? Come si fa a correre per un giorno intero senza fermarsi? Non  lo so! Chiedete alla persona sbagliata. Io a Milano, ho sbagliato davvero tutto, l’allenamento, la gestione della gara, l’alimentazione, le scarpe, il peso della valigia. Se mi sono classificata bene è stato solo per una serie di circostanze favorevoli per me e decisamente contrarie per le altre.
Vabbè è andata così! Adesso vediamo di imparare dagli errori e prepararci bene per la prossima.
Mi è stato chiesto di raccontare qualcosa su com’è andata la gara.
Caldo bestiale di giorno e piogge torrenziali di notte, fiumi di acqua e fango che si riversano dentro le scarpe lasciando il ricordo dei sassolini che feriscono i piedi ad ogni giro.
L’ansia del tempo che scorre veloce, troppo veloce rispetto ai chilometri percorsi.
Gli obiettivi che vengono  ridimensionati con il trascorrere delle ore…
Insomma è andata bene, anzi benissimo.
E non per il risultato, anche se non nascondo che arrivare nella posizione alta della classifica fa sempre piacere, ma perché la 24 ore è una gara fatta di persone, di belle persone. Perché non potrebbe essere altrimenti. Non ci si improvvisa ultramaratoneta se si scelgono le strade facili, se non si sopporta il dolore, se non si apprezza la fatica, se non si è disposti a impegnare tutte le proprie energie.
Io vivo in Sardegna e le gare alle quali posso prendere parte devo centellinarle.
Ogni volta che partecipo a un’ultramaratona per me è come andare a una festa, a un appuntamento con amici che condividono con me una passione che pochi riescono a comprendere.
Eppure è così facile innamorarsi di questo mondo.
Innamorarsi di Rossella che continua a sorridere anche quando una clausola nel regolamento le nega il meritato titolo italiano. Innamorarsi di Ilaria che, con il lutto nel cuore per il suo paese distrutto dal terremoto, corre e vince la sua gara contro la paura di ricominciare.
Innamorarsi del mio “socio” Teo che nonostante l’esperienza parte sempre troppo veloce perché si fa prendere dall’entusiasmo e che, anche se si pente quando arriva la crisi, sa gia che sarà difficile non commettere di nuovo lo stesso errore.
Innamorarsi di Carlo e Cinzia che ad ogni giro sono sempre li ad aspettarci con quella strana espressione sul volto: un misto di preoccupazione e di orgoglio.
E’ difficile da spiegare a chi non lo ha provato ma li, a Milano, sotto la pioggia, con lo stomaco sottosopra, gli occhi gonfi e le gambe dolenti mi sono sentita a casa!

Per leggere cosa ha scritto "Fidal Lombardia" sulla gara clicca qui.

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