domenica 14 agosto 2016

Esterzili, 13-08-16. Esterzilincorsa: la mia prima ultima corsa. Scritto da Maurizio Lepori.

Ho fatto davvero bene a scegliere quella di Esterzili come mia ultima corsa. Le sensazioni provate in quella mattinata mi hanno dato materiale per almeno cinque racconti. Ci vorrà un po’ di tempo per metterli insieme, perciò vorrei solo tracciare delle linee guida per la loro successiva stesura.
1) Tonio. I motivi che hanno dato conferma della bontà della mia scelta si possono riassumere in un solo nome: Tonio Migali.
Tonio è una persona che appena la conosci ti mette subito a tuo agio, dopo cinque minuti con lui puoi iniziare a fare battute di ogni genere, raccontargli i turbamenti del tuo cuore o confessargli i tuoi peccati più turpi. Tonio è talmente affabile che quando lo incontri alla gara di Guasila e lui candidamente ti dice che “quella di Esterzili è una gara molto meno dura”, tu non puoi fare a meno di credergli. Non smetterò mai di ringraziarlo per avermi convinto a fare da loro la mia ultima gara.
2) Percorso. Il percorso della Esterzilincorsa è senza dubbio il più duro e il più bello di tutte le gare alle quali ho preso parte in questo anno. È composto per lo più da una serie di lunghe salite alternata a una altrettanto lunga serie di, pensate un po’, discese. Mentre lo percorrevo sorridevo amaramente, pensando a tutte le maledizioni che avevo rivolto al salitone di Cea, nello scorso settembre, quando ancora pensavo che superarlo sarebbe stata la prova più dura che avrei dovuto affrontare sotto il profilo altimetrico. Che ingenuo!!!!
Le salite a Esterzili hanno delle pendenze inquietanti, le discese sono lunghissime, ogni volta mi pare di arrivare sotto al livello del mare, e ci allontaniamo talmente tanto dal paese che da un momento all’altro mi aspetto di veder apparire davanti ai miei occhi il cartello con su scritto “Escalaplano”.
Fortunatamente gran parte del tracciato si trova all’ombra, poiché attraversa un fitto bosco di lecci. Quella è l’unica nota positiva del percorso, insieme alla bellezza dei paesaggi, la gentilezza dei volontari, l’aria limpida, la sensazione di attraversare un luogo selvaggio e incontaminato, i sorrisi di Tonio e Tiziana che ti aspettano all’arrivo.
3) Non camminare.
C’è una regola che mi sono imposto di rispettare quando lo scorso settembre ho iniziato a fare gare. La regola è quella che in gara non avrei mai dovuto fermarmi o camminare. Avrei potuto correre pianissimo sì, ma non avrei mai camminato. In questi undici mesi di gare devo dire di essere riuscito a rispettare questo principio. Credo sia una regola che un runner si impone in maniera automatica quando inizia a pensare di correre sul serio, perciò leggendo “L’arte di correre” di Murakami non mi ha stupito più di tanto trovare che anche lui seguisse quella stessa regola. Addirittura nel suo libro dice che quando passerà a miglior vita vorrebbe che nel suo epitaffio venisse scritto “Se non altro, fino alla fine non ha camminato.”
Grazie al cazzo. Il signor Murakami scrive così perché evidentemente nel suo programma di gare non ha mai inserito la Esterzilincorsa.
4) I sorpassi.
C’è una regola che circola tra noi runners che recita “perdona sempre coloro che ti sorpassano ma non dimenticare mai i loro nomi.” Non è vero, questa regola non esiste, l’ho inventata io sul momento. È solo un caso che a Esterzili siano presenti alcuni podisti che in questo mio primo (e ultimo) anno di corsa abbiano segnato alcuni sorpassi che mi sono rimasti impressi nella memoria. È solo un caso che mi ricordi “vagamente” di loro.
Era il 13 settembre 2015, esattamente 11 mesi fa, quando intorno alle 10.40, a Bari Sardo, i signori Gianpietro Dessì, Antonello Vargiu e Francesco Mudu mi superavano al primo km di una 10 chilometri in Ogliastra, una gara che fino a quel momento stavo dominando(ih,ih,ih). Non li vidi più fino a traguardo. Al mio arrivo si erano già fatti la doccia e scolato 4 birre.
Pochi mesi fa, a Guasila, i due componenti della Cagliari Atletica Leggera hanno concesso il bis, questa volta mi hanno superato tra l’ottavo e il nono chilometro, mentre cercavo di portare la carcassa al traguardo dopo una delle mie partenze ignoranti.
Nella mia ultima gara è presente anche il signor Alessandro Mameli dell’atletica Selargius. A Bauladu, nel mese di marzo, correva il sesto chilometro, ero in dodicesima posizione (circa) e viaggiavo tranquillo in compagnia di due podisti del sassarese che avevano il mio stesso passo, quando in una lunga discesa arrivò a velocità doppia il suddetto Mameli che ci sverniciava con il sorriso tra le labbra. Ingenuamente gli sono andato dietro e in poche centinaia di metri ho bruciato le poche energie rimaste. Gli ultimi due chilometri erano in salita e li ho fatti con le tempie che mi pulsavano in maniera preoccupante. Li ho fatti pianissimo, ma non ho camminato. Ho perso però ben 7 posizioni.
Il mese successivo, a San Nicolò Arcidano, mentre superavo il quarto chilometro di un percorso paesano di 8 km, mentre credevo di avere in saccoccia la posizione che avevo conquistato, in un leggerissimo tratto in discesa, si ripete la stessa scena di Bauladu, del Mameli con il berretto bianco che mi passa, sempre a velocità doppia della mia. Quella volta non gli sono andato dietro e ho mantenuto la posizione.
Comunque sia, dopo 11 mesi di corse, proprio nella mia ultima gara, sono riuscito a passare il traguardo prima di questi atleti tostissimi. Mi piace pensare di aver imparato qualcosa dai loro sorpassi. Naturalmente il fatto che sia arrivato prima di loro non significa niente. Per la corsa si può applicare tranquillamente la frase fatta del calcio che recita che “ogni partita è una storia a sé”. Ci sono molte variabili da tenere in considerazione. Per esempio, il signor Gianpietro Dessì da Esterzili, vincitore per distacco della mia prima gara ogliastrina (proprio quella nella quale mi sorpassò al primo km), non faceva una gara da ben 7 mesi per via della pubalgia, e aveva sulle gambe poco più di un mese di allenamento. Nonostante ciò, nella gara di casa, si è qualificato al 17° posto. Giù il cappello.
4) Giovanni Secci. A proposito di sorpassi da segnare nel libro nero, dovrò dedicare un intero capitolo al signor Giovanni Secci da Triei. È già la terza gara consecutiva che mi lascia andare avanti e mi viene a riprendere a metà gara, dandomi sempre distacchi di almeno un minuto. Non è affatto gentile nei miei confronti….ih,ih
5)Runcard.
Fin da quando ho cominciato a gareggiare ho avuto un obiettivo che non ho mai dichiarato. Conquistare il primato tra i possessori di Runcard. Le “Runcard” sono i cani sciolti delle gare su strada. La Runcard è un tesseramento provvisorio alla FIDAL che ti consente di partecipare alle gare pur non appartenendo a nessuna società di atletica (escluse quelle su pista). Sfortunatamente per me tra i possessori di Runcard ci sta un certo Roberto Melis. Ogni volta che ho incrociato il suo cammino mi sono dovuto accontentare del secondo posto nella competizione interna tra “cani sciolti”. Spesso mi ha dato distacchi che superavano i due minuti, che tradotto in strada parliamo di circa 500 mt. Un abisso.
A Esterzili Roberto non è pimpante come al solito. Me ne accorgo da subito, dal fatto che dopo circa due km non ha ancora preso il largo. Me ne accorgo nelle salite, dove riesco sempre a ricucire lo strappo e riportarmi addosso a lui. Per tutta la gara facciamo l’elastico, con lui che si allontana nei tratti in discesa e io che mi riavvicino nelle salite. In una di queste noto che lui comincia a camminare. È stato in quel momento che ho infranto per la prima volta il principio di non camminare o fermarmi mai. Quando cammina lo raggiungo e cammino anche io, lo marco stretto. È stato in quel momento che ho mandato affanculo Murakami.
Caro Haruki, vieni a correre a Esterzili, poi riparliamo del tuo epitaffio.
Comunque sia, son riuscito a tenere nel mirino Roberto per tutta la gara. Ero contentissimo, anche se immaginavo che la cosa fosse dovuta a un suo calo di condizione e non a un mio stato di forma particolarmente brillante. Me ne accorgo quando puntualmente arriva Giovanni Secci che mette la freccia e se ne va, intorno a metà gara, seminando anche Roberto. Me ne accorgo anche quando al settimo km circa arriva da dietro anche un tizio dell’Atletica San Sperate che mi sorpassa e va ad agganciarsi a Roberto, che stava a venti metri da me. Cerco di tener duro in quei saliscendi che sembrano non finire mai. È stato in quel momento che ho compreso appieno cosa volesse dire quella mia amica che parlandomi della gara mi aveva annunciato “Non prenderla sottogamba… La’ che quella gara è dura davvero!”. Quando finalmente ci liberiamo del tratto più duro, quando finalmente svoltiamo e rivediamo il paesello aggrappato sulla montagna, succede qualcosa di strano. Mentre percorro una ripida discesa in cemento, io che in discesa non sono mai stato un fenomeno, comincio a prendere velocità, e quando la discesa finisce continuo a correre alla medesima velocità, apparentemente senza sforzo. È stato in quel momento che ho capito cosa intendesse dire il mister Staffa quando ci diceva che prima della partita dovevamo “spezzare il fiato”. Sapevo cosa volesse dire quella espressione, ma non mi ero mai reso conto del momento in cui ciò avveniva. “Spezzavo il fiato” in maniera inconsapevole, durante il riscaldamento… invece a Esterzili, a poco più di un chilometro dall’arrivo, ho percepito che qualcosa era cambiato nel mio modo di rispondere alla fatica. Di solito in vista del traguardo mi accadeva il contrario, mi accadeva di crollare, perciò mi trovo in una situazione alla quale non sono abituato. In pochi secondi recupero i venti metri che mi separano dai due davanti a me. Il tipo dell’Atletica San Sperate cede, Roberto soffre ma tiene duro. Manca un chilometro e mi sento fortissimo, mi sento che potrei andare anche a riprendere Stefano Floris (il tipo che ha vinto la gara in perfetta solitudine), oppure potrei semplicemente tentare un attacco e andare al traguardo seminando il mio compagno Runcard, ma sono troppo contento di essere ancora attaccato a lui, perciò dopo averlo superato decido di rallentare e restare alla sua ruota. A dire il vero, non son neppure certo che sarei riuscito a prevalere su di lui in uno sprint finale.
Un po’ mi manca quel Maurizio che corre con ignoranza. Sono diventato troppo giudizioso. Però come ultima gara non potevo aspettarmi di meglio. Arrivo 12°, dietro a una pattuglia di atleti di buona levatura, con un tempo di 44’8”.
Quando faccio rientro a casa controllo la posta e trovo un messaggio di Ivana che mi avvisa che il 3 settembre ci sarà “Il miracolo della corsa” a Bitti, il mio paese natale. Mi raccomanda di non mancare.
Ma sì dai, ancora una e poi smetto.


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