lunedì 25 novembre 2013

Zanzibar (Tanzania), 27-10-13. Ultra Trail di 99 km. in 4 tappe. Scritto da Tullio Frau.

(Resoconto inviatomi da Tullio Frau, atleta totalmente cieco).
Zanzibar, l’isola delle spezie. Zanzibar è una splendida isola circondata dall’oceano indiano, una perla verdeggiante di circa 2650  km quadrati, popolata da circa 1300000 abitanti, quasi interamente musulmani.
Il suo interno, ricco di vegetazione di ogni genere, di frutta tropicale e spezie, ha visto svolgersi la prima edizione della Zanzibar ultratrail di 99 km in 4 tappe.

Uno splendido sole ci accoglie. Lasciata una temperatura autunnale alle spalle, il primo impatto è quasi soffocante, ma il saluto dei zanzibarini “jambo, jambo”, ci fa subito scordare la nostra provenienza e ci fa sentire a nostro agio. Il pulmino ci conduce alla località di Kiwenga, dove ci aspetta il resort Mvuvi, una semplice struttura sulla spiaggia. La barriera corallina è lì, a poche decine di metri da riva, sembra voler difendere l’isola dalla furia dell’oceano. Una brezza piacevole ci accarezza il volto, il sole ci scalda non solo la pelle, ma anche il cuore; in  30 atleti siamo venuti dall’Italia per cimentarci in una ennesima sfida.

È domenica 27 ottobre 2013. Nel pomeriggio, dopo pranzo, ha luogo un breve briefing, in cui ci viene esposto e illustrato il regolamento della gara. Seguono il controllo del materiale obbligatorio e la consegna dei pettorali. Ora è tutto pronto, domani si parte.
   L’indomani, la sveglia suona presto. Dopo una abbondante colazione ci si ritrova tutti fuori dal resort per salire sulle macchine, direzione Mahonda, da qui parte la prima tappa di 20 km. Il cuore come al solito è a mille, sembra sempre come la prima volta. Per l’emozione ho dimenticato in stanza il mio pettorale, ma Patrizio mi rassicura che non è importante: “Sappiamo chi sei!”, dice, e con una pacca sulle spalle mi incita. Tutto è pronto: via, si parte alle 8 in punto. Un manipolo di 30 scalmanati e coloratissimi impavidi atleti si snoda subito nella campagna zanzibarina.
   Al mio fianco Mirjana è attenta e premurosa, il terreno non è dei più facili, anzi direi che è molto insidioso, la terra rossa che lo caratterizza è durissima e piena di ostacoli: bassa vegetazione, pozzanghere, cunette, concrezioni, sassi e ogni altro tipo di insidie. Ma la nostra andatura assume subito una regolarità matematica. Dopo qualche km, un piccolo imprevisto: si blocca la valvola del mio camelbak. Accidenti, non riesco a bere! Per un momento sono perso, la tensione mista a terrore, che faccio? “Non importa - Mirjana mi rassicura - ci sono le mie bottiglie” e superato il primo momento si riparte attraverso piantagioni di canna da zucchero, risaie, villaggi ecc.

I km scorrono lenti ma inesorabili sotto le nostre scarpette, tutto intorno profumi indescrivibili, maestosi alberi di mango, foreste intere di alberi ombreggianti, a tratti una leggera brezza ci rinfresca. Io e Mirjana ci conosciamo da poco, abbiamo corso solo pochi km insieme, ci siamo conosciuti a Rovigno dove lei vive, durante una vacanza con la mia famiglia. Ho avuto il piacere di conoscerla nel luglio dello scorso anno, e quest’anno abbiamo corso insieme la maratonina della sua città, ma ora siamo così affiatati che sembra ci si conosca da sempre.
    Arriviamo al decimo km circa, non c’è il ristoro annunciato, ma troviamo fortunatamente qualcuno che ci rifornisce d’acqua. “Ciao Rita!” “Splendido, dài ragazzi, ci siete, eccovi un po’ di refrigerio! Via, via, siete grandi!” E così, incitati, riprendiamo la corsa, un breve tratto di strada asfaltata e poi giù per un sentiero sassoso e molto insidioso. Un bel vitellone ci sbarra la strada, ci guarda, poi si sposta per farci passare, il terreno diventa a tratti sabbioso, ma le insidie non cambiano, si prosegue con costanza. “Attento, salta, spostati a destra, ora a sinistra!” Mirjana è sempre precisa, tutto fila liscio, ecco in lontananza il ristoro, per un disguido è stato posto al km 14 ma va benissimo, un pò di acqua, un pò di frutta e via. Ora un tratto in salita, sassi e solo sassi, la salita è molto dura, poi un po’ di discesa, scoscesa, un po’ di sentiero familiare. “Attento, salta, spostati!” Mirjana è attentissima. Passiamo un villaggio, qualche centinaio di donne cantano e ballano, sembrerebbe un rito propiziatorio, una funzione religiosa, non sappiamo bene, ci guardano mentre cantano, noi rispettiamo i loro comportamenti e via via per la nostra corsa, un breve tratto di sentiero corribile, un po’ di arbusti,  ormai manca solo poco per il traguardo, ecco in lontananza Mkokotoni, splendido! Un abbraccio collettivo ci accoglie: “Bravi, ragazzi, ce l’avete fatta!” È stata durissima, ma la prima tappa è andata! Ora, visto che abbiamo un po’ di tempo, ci fermiamo 10 minuti al mercato del villaggio. Al nostro arrivo tutti si accalcano presso le nostre macchine per poterci vendere qualcosa, ogni tipo di mercanzia, indumenti usati ecc. un forte odore pungente  di pesce ci investe le narici, nuvole di mosche: questo è il mercato del villaggio.

Dopo un breve tratto di strada eccoci a Kiwenga, la piscina è il meritato premio della prima giornata, l’acqua calda, una fresca birra a bordo vasca è una meraviglia. Grazie Mirj, sei gentilissima! Ognuno sprizza felicità da tutti i pori. Dopo pranzo l’ombra di una palma sulla spiaggia è quel che ci vuole, così trascorre serena la prima giornata. Domani ci sarà un'altra gara, molto più dura di quella di oggi e così, dopo la cena, ci si prepara per il giorno seguente.
   La sveglia è anticipata di mezz’ora, oggi sono 38 i km, la partenza è  dalla località di Mchangani. Tutto è pronto. Anche qui alla partenza l’attesa è frenetica, il cuore batte fortissimo, l’emozione è palpabile. Sono teso, Mirj cerca di smorzare la tensione, ma oltre c’è anche un po di preoccupazione, tanti km in un territorio così ostile non sono facili, ma che fa? Ormai ci siamo e si parte. Le mie preoccupazioni ben presto si rivelano fondate, la tensione e l’emozione giocano un ruolo importantissimo in me, le energie che impiego per non inciampare o per non storcermi le caviglie sono immense.
Dopo una decina di km incomincio ad accusare i primi cedimenti mentali. Accidenti, ci siamo! La crisi dei primi km: eccola. “Che ti succede”? chiede Mirjana e mi incita. “Dài Tullio, dài, resisti, ce la faremo! Attento, salta, spostati di qua, spostati di là, e via, via”. Si prosegue. Maledizione, mi insulto a voce alta, e tra un tratto sassoso, un tratto scosceso, erbacce, canali, villaggi, foresta e altre insidie, al km 15 ecco il primo ristoro: acqua, acqua, sì, tanta acqua, un po’ di frutta, una bustina di sali e via.
  Ora circa 3 km di asfalto, la crisi sembra lontana, il ritmo è ripreso costante, qualche atleta si attarda. Dài, ci incitiamo a vicenda. Alcune persone lavorano a bordo strada, una ci porge una noce di cocco da bere, il suo succo è dolce, sembra quasi che mi abbia dato una energia speciale. Il passo è regolare, lasciamo l’asfalto per addentrarci nuovamente nella boscaglia, foresta di ogni sorta di vegetazione: manghi, cocco, banani ecc. “Ecco, tocca l’albero del cauciù!” Mirjana mi descrive minuziosamente tutto ciò che ci circonda. “Ecco i due baobab, qui dovrebbe esserci il tratto di discesa scoscesa preannunciato da Patrizio. Eccola, una lunga discesa ripida, sassi e sassi pericolosi”. Ma non importa, il ritmo non cambia, si va. Di tanto in tanto donne con mercanzie che si spostano da un villaggio all’altro ci salutano: “Jambo, jambo!” È il loro saluto. Ci sorridono. Delle mucche ci sbarrano la strada, dobbiamo aggirarle, ci guardano stupite. Andiamo, andiamo. Il sole è cocente, nel cuore l’emozione di chi sta per compiere un’impresa fuori dal comune. Intorno un silenzio assoluto, di tanto in tanto una brezza calda ci coccola.
In lontananza si sentono rumori di auto, siamo sicuramente in prossimità del secondo ristoro, al km 26. L’acqua sta per finire, ma eccoci su un tratto di asfalto. No, il ristoro non è qui, via, via, forse è alla fine dell’asfalto. Infatti, dopo un km, ecco il ristoro: una meraviglia, tanta acqua, sì, il mio amico James mi sommerge di acqua, un po’ di frutta, i soliti sali minerali e via. “Dài, ragazzi!” Ora la parte più dura: 12 km di strada bianca sotto il sole, una strada dritta, sassosa, Sali e scendi inesorabili. Il sole del giorno pieno è implacabile, la polvere è irrespirabile, ma nel cuore e negli occhi la gioia di un bambino. Ormai la crisi dei primi chilometri è lontana, mi sembra un sogno, le gambe girano costanti, raggiungiamo altri atleti che si attardano, ormai il traguardo è vicino. Nicola ci chiede un sorriso per le foto. “Dài che ci siete! Corro qualche metro con voi.” Ma presto le sue gambe fresche ci lasciano e noi via via, che ci siamo, ecco il villaggio dei pescatori, la spiaggia di Mujuni beach è lì. Ecco, il traguardo, 38 km, che felicità! Un abbraccio dice tutto, la gioia e l’emozione mi impediscono di aprire la bocca, solo un grido liberatore. Via in acqua, l’oceano accoglie i nostri corpi stanchi ma felici: le scarpe, la maglia, i pantaloncini, tutto merita di essere immerso in quelle acque limpide che ci siamo conquistati alla fine di una tappa memorabile.
   Ecco che gli ultimi sono arrivati, tutti siamo seduti sotto la tenda all’ombra, un po’ di pesce alla griglia preparato lì in spiaggia, una birra fresca. Ma no, anche un’altra! Sì, oggi ci vuole. Tutti siamo lì, felici, a goderci il meritato riposo. Dopo mangiato, una breve passeggiata scalzi lungo la spiaggia, con le onde che ci massaggiano i piedi. La mente vola, la gioia e la soddisfazione non stanno nel cuore, ci vorrebbe un cuore più grande, grazie Mirjana, hai saputo condurmi al traguardo con il sorriso, sì, grazie ancora.
   Il giorno seguente prevedeva una sosta. Io, Mirjana e Franco decidiamo di prendere un auto con la guida e di recarci in città per una visita della capitale Stontaun, quasi tutti gli altri invece si sono recati a fare una escursione in mare con la barca. Noi siamo andati dapprima nel giardino delle spezie, dove abbiamo potuto ammirare ogni sorta di fragranze: pepe, cannella, chiodi di garofano, zenzero, citronella, cacao, vaniglia, oltre a palme di cocco, banani, manghi, ananas  e molte altre varietà. Dopo di che ci siamo recati nel cuore della città, dopo aver consumato un pasto frugale. Abbiamo potuto visitare il cuore della città per poi rientrare in resort per l’ora di cena. Domani è un altro giorno, e 25 km insidiosi ci aspettano.
   Dopo la nostra abbondante colazione, eccoci in macchina verso la località di Kinjasini, da dove partirà la terza tappa, 25 km, forse ancora più insidiosi delle altre, ma che importa? ormai il più è fatto, siamo tutti lì, come per la prima tappa, tutti impazienti di scatenare, di liberare le energie lungo quei sentieri, quelle campagne ricche di storia. Via, si parte, e da subito ciò che ci era stato preannunciato il giorno prima, si rivela verità. Filari di alberi di mango ombreggiano il percorso, l’aria è umida, il terreno è ancora più accidentato delle atre tappe: terreni scoscesi, foresta, un po’ di cauciù, di manghi e altre piante ci segnano il percorso. Un villaggio dopo l’altro ci saluta, le persone ci guardano con stupore, qualcuno ci grida ciao, altri ci salutano con il classico jambo. I bambini ci corrono al fianco. Per qualche decina di metri un bimbo molto piccolo mi prende per mano, corre con me, sembra quasi abbia capito che non ci vedo;  la sua manina mi trasmette un’energia particolare, provo un brivido lungo la schiena, una lacrima mi sfugge, io che ho speso dei soldi per venire qui a correre ho pure il coraggio di lamentarmi? Questo bimbo non ha nulla, eppure è felice…….
   Il percorso continua, il terreno è ricco di insidie, questa volta è caratterizzato dalla vegetazione lussureggiante. Attraversiamo tratti di foresta che ci regala ombra, ombra calda, ma pur sempre ombra, e così correndo  arriviamo al ristoro dei circa 15 km. Come al solito acqua, frutta e poi via verso il traguardo. Un tratto di asfalto, una curva a destra secca con una discesa insidiosissima e  via, via verso il traguardo, ormai manca poco, il sole è alto nel cielo, una curva a sinistra, e come annunciato il giorno prima, si presenta una strada bianca e sassosa. Circa 5 o 6 km ci separano dal traguardo, fortunatamente a tratti un pò di ombra ci ripara dal sole, la salita non è ripida ma lunga, via, via, ormai dovremmo essere nelle vicinanze, ma non si vede ancora nulla. Mirjana è sempre attenta, non le sfugge nulla. “Alza i piedi, salta, destra, sinistra e via! Bravo, attento, dài, non distrarti!” E via, via. Ecco in lontananza il traguardo di Kjboie, le grida dei primi arrivati si fanno sentire in lontananza, eccoci! Un abbraccio ci stringe tutti, le lacrime sfuggono al controllo. “Dài ragazzi, è andata, siete grandi! Bravi, bravi tutti!” Ecco una banana, un po’ di acqua. Sì, grazie a tutti.
   A pranzo e a cena non si parla d’altro, i tavoli sono ormai diventati come dei gruppi fissi: io, Mirjana, Giuliana, Roberto, Vera e Paolo siamo diventati amici, tra una risata, un aneddoto e chiacchiere varie, il momento dei pasti è diventato un appuntamento piacevolissimo e rilassante. Dài ragazzi, domani solo 16 km ci separano dal traguardo finale.
   La solita colazione, il breve tratto in auto per raggiungere la località di Matemwe beach, 16 km interamente sulla spiaggia fino al traguardo posto di fronte al resort Muvi. Il cielo è coperto, un leggero venticello ci accarezza, le foto di gruppo si susseguono. Dài ragazzi, tutti pronti, si parte, via. E subito il terreno invoglia la corsa veloce, dopo qualche centinaio di metri incomincia a piovere, una pioggia molto intensa, calda. Tolgo il berrettino per potermela prendere tutta, sento sollievo con la testa bagnata. Piove a dirotto, per fortuna, se fosse sole saremo cotti, e via via si corre. Ad un tratto il ristoro, mah, così presto, ma no! E invece si, eravamo gia a metà percorso. Superato il ristoro, passiamo il tratto roccioso: attenzione, si scivola, ma via, via, si corre. Incominciamo a superare, uno, due, tre, e altri atleti che si attardano, mentre li supero sento i loro sguardi interrogativi. “Ciao Tullio!”, ma non c’è tempo, la spiaggia invita a correre veloci, mi sto riprendendo la rivincita dei percorsi per me accidentati, quelli che non mi consentono di dare il massimo, ma ormai il traguardo era lì, a portata di mano. Mirjana mi dice, a circa 100 metri dal traguardo: “Ti lascio e arrivi da solo. Io da dietro ti guiderò!”. E così dicendo, lascio il cordino a lei e a braccia alzate corro incontro agli amici che con i loro incitamenti mi danno la direzione del percorso. Eccomi, taglio il traguardo, mi getto a terra e infilo la faccia nella sabbia, eccomi, mia Africa, ora ti porto dentro! La felicità è incontenibile, Mirjana mi abbraccia, grazie, ci ringraziamo a vicenda, tutti si stringono intorno, è una festa, una grande gioia! È andata, Nicola, Rosella e Patrizio ci fanno i complimenti, tutti siamo lì a godere di una splendida giornata, ormai non piove più, il sole si è impadronito del cielo, i nostri volti e i nostri cuori sono colmi di gioia incredibile, grazie a tutti, ragazzi, mi siete stati vicini in ogni situazione, mi avete sostenuto, mi avete considerato come uno di voi, è stata una gara durissima e ora ci meritiamo il giusto riposo. A presto mia Africa, ti porterò nel cuore.
Poco prima del pranzo vengono effettuate le premiazioni, c’è qualcosa per tutti, un sorriso, un elogio e una stretta di mano e gli applausi per tutti. Negli occhi e nei cuori la felicità e la soddisfazione per aver portato a termine una meravigliosa avventura inventata da Rosella, Patrizio e Nicola, a loro va il mio ringraziamento, ma, credo, anche quello di tutti gli altri partecipanti, per averci dato la possibilità di visitare un’isola meravigliosa come Zanzibar.

Per vedere il video sulla gara di Zanzibar girato da Franco Lanfredi (durata 6') clicca qui.
Le foto sopra riportate sono dei "frames" tratti dal video di Franco Lanfredi.

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